web analytics

Paula

scultura arte contemporanea

 

Di Paula ci ha raccontato a lungo quello che sembra essere il suo migliore amico. Paula ha avuto tanti amici, lei piaceva molto alle persone con cui entrava in contatto e conosceva davvero tanta gente, ma alla fine tornava sempre dagli stessi, quelli che aveva conosciuto durante la più tenera infanzia, anzi quelli che l’avevano conosciuta per primi, da bambina.

Guardate, gli amici molto stretti, o anche i parenti, sono la fonte peggiore per ricevere informazioni sugli indagati. E ciò vale per tutti in generale per le indagini EVNI. Il loro metro interpretativo è troppo travisato da come avrebbero voluto impostare, e spesso non sono riusciti, il rapporto nei confronti del soggetto investigato, troppo influenzato dalla visione che di loro stessi credevano avesse il soggetto, troppo deviato dalla paura delle verità su se stessi che l’intimità profonda con una persona può restituire.

Tuttavia queste persone sono preziosissime per l’investigazione del soggetto. Non mi riferisco solo ai dati oggettivi, agli avvenimenti occorsi o ad una mera raccolta di dati di fatto di cui di sicuro le persone più a contatto custodiscono una importante memoria. Il fatto e’ che la persona più vicina possiede una conoscenza quasi inconscia dell’intimo dell’elemento oggetto di studio e spesso dai particolari dei racconti, dalla gestualità con cui vengono espressi, dalle ansie accennate, questa natura la si può proprio intravedere.

Per capire davvero Paula, bisogna rivederla inserita nel suo contesto familiare, da bambina, in una media cittadina del centro della Renania, in cui la provincia si confonde facilmente con la città, nei rapidi cambiamenti economici e sociali post guerra. Forse l’unico periodo dell’esistenza di Paula davvero spensierato sono stati i suoi primi anni di vita quando godette a pieno dell’affetto dei parenti. Pur nelle debolezze caratteriali dei genitori, lei si sentiva amata e protetta e docilmente si faceva condurre da loro nei suoi primi passi verso la vita.

Tuttavia questo fragile equilibrio era destinato a rompersi presto. E questo comportò per lei molta sofferenza. La madre, man mano che la vedeva crescere, provava sempre più gelosia nei suoi confronti, che a volte sconfinava nella rivalità e altre volte nel rancore, perché la vedeva come la causa delle proprie frustrazioni. Iniziò ad imporle abbigliamenti inadatti all’età ed ai tempi, a costringerla in regole di una rigidità sorpassata, a elargirle percosse, violenza ed umiliazioni. Dietro questi atteggiamenti la cosa però più difficile da accettare per Paula fu la delusione di vedere sua madre, il punto di riferimento della sua esistenza, esprimersi in modalità così basse, provare sentimenti così meschini, risultare così debole nell’amor proprio e nella sua incapacità di amarla.

 Ecco perché Paula tutta la vita fu alla ricerca di un’altra madre, senza però avere avuto il tempo di sviluppare in sé la capacità di accoglierla nel caso l’avesse trovata.

 Per cercar un’altra madre e nell’incapacità di trovarla, Paula iniziò a fuggire. Di fronte ad una difficoltà scappava, di fronte ad un insuccesso scappava, di fronte ad una relazione più complicata scappava, sempre alla ricerca di quel modello perfetto di purezza che nella realtà non esiste. Perché forse la purezza della realtà consiste nella capacità di saper sintetizzare il sublime con lo squallido, il cristallino con il torbido, la luce con il buio; e a chi cerca solo uno di questi elementi sono riservate cocenti delusioni.

 E’ vero anche, e soprattutto nel caso di Paula, che chi è alla ricerca di una esasperata purezza, lo fa perché sa di essere destinato al fallimento e vuole crogiolarsi in esso, autocommiserarsi. La vittoria porta troppi cambiamenti, troppo da mettere in discussione, fa chiudere troppe porte.

 Così’ Paula abbandonò la scuola da adolescente, salvo farsi comprare la maturità dai genitori in una scuola privata. Iniziò con tutto l’entusiasmo del mondo l’università per la quale si sentiva portata, ma cambiò facoltà dopo pochi mesi; per poi di nuovo cambiare indirizzo, trovando agli abbandoni sempre una scusante

Iniziò quindi a fare qualche lavoretto, ma la fatica era tanta e poi lei era giovane ed i giovani bramano la libertà. Non si sarebbe fatta rinchiudere ricevendo ordini, lavorando per prendere uno stipendio e poi spendendolo in auto per recarsi al lavoro, per comprare una televisione che l’avrebbe spinta ad acquistare i prodotti da essa reclamizzati, come vestiti che seguono mode e gusti di altri e via discorrendo. Fu così che abbandonò il lavoro di cassiera, gelataia, impiegata, assistente domiciliare, magazziniere, maschera al cinema ecc…

 Un’altra caratteristica di Paula era che in tutte le cose che faceva, ci si buttava dentro con una passione totalizzante, come se l’attività’ nella quale era coinvolta fosse la scelta definitiva, la più ricca di implicazioni umane e di crescita personale.

Questa caratteristica era particolarmente evidente quando iniziò a viaggiare. In Perù trovò indios che l’avrebbero liberata dai suoi demoni ed instradata alla via della saggezza, in India trovò l’asceta che l’avrebbe guidata sulla via della liberazione, in Thailandia trovò la disciplina che avrebbe armonizzato la sua mente ed il suo corpo, in Giappone quella ritualità che avrebbe donato ritmo alla sua vita, negli Stati Uniti tramite i pronipoti degli indiani d’America ci si poteva riappropriare dell’essenzialità e di un rapporto armonico con la natura. E così via, di posto in posto, di continente in continente.

 L’idea che mi sono fatto è che in ogni esperienza mistico-emozionale, nell’incontro con queste guide spirituali o semplici maestri, quello che Paula ricercava era l’unica guida che non aveva avuto, ovvero la madre che nel momento della crescita era stata sostituita da una figura repressiva, spigolosa, violenta, insensibile e quindi solo in grado di respingere, mai di accogliere ed amare.

 Dal punto di vista affettivo e relazionale le cose, come si può facilmente immaginare, non erano andate meglio. Paula aveva visto fallire i rapporti di coppia uno dopo l’altro, ogni volta non sembrava pronta all’interpretazione dell’altro, ad andare oltre gli egoismi personali, a cambiare il nocciolo più duro e problematico del proprio carattere. Inoltre per mantenere nel tempo un rapporto, per stabilire su di esso una famiglia, avere figli, costruirsi il nido intorno, ci vogliono risorse umane che prevedono l’abbandono di alcuni complessi interni a favore di una visione del mondo meno egocentrica e più allargata al nucleo familiare costituito.

Non ebbe figli, non ebbe mariti, qualche compagno con cui aveva convissuto per qualche anno, a volte con insofferenza, sperimentando rapporti sessuali non basati sul dono o l’abbandono, ma più sull’egoismo, la permalosità e la paura dell’altro.

Ripeto Paula aveva tanti conoscenti, molti di loro, per l’istintiva simpatia che trasmetteva, avrebbero voluto essere più che conoscenti, ottenere un vincolo amicale più stretto, ma Paula, che era sempre alla ricerca della persona perfetta, pura, si stancava presto di queste conoscenze e sempre tornava a quei primi amici d’infanzia. Fino al momento in cui si stufava anche di loro perché non le sembravano sufficientemente interessanti ed originali, ma anzi apparivano sempre uguali, e così lei scappava via verso qualcosa d’altro che le avesse permesso di provare nuove esperienze e conoscere nuove persone.

 Si capisce che in questo modo si arriva alla tarda età da soli, con pochi successi personali da esporre nella bacheca della propria autostima, col bisogno di un conforto umano a cui non si può ricevere risposta perché non si è costruito niente in questo senso. Si è soli, si è sconfortati, si è fragili più che mai.

 Negli ultimi anni di  vita  recuperò il letto in cui aveva dormito quando era bambina dalla casa dei genitori. Su quel letto aveva ricevuto le prime carezze, parole sussurrate, dolci abbracci, ma aveva anche pianto amaramente a causa delle angherie della mamma. Aveva immaginato fantastiche ribellioni e fughe, modi di vendicarsi dei torti subiti, ma anche sognato principi che venissero a liberarla da quella torre.

Su quel lettino Paula negli ultimi anni di vita si rifugiava, si stendeva in posizione fetale, chiudendo gli occhi, non sentendo più niente, estraniandosi completamente. Solo voleva sentire. In esso si abbandonava per ore ed ore, quasi in trance, facendosi abbracciare dal letto, riuscendo a non pensare a niente, a non farsi turbare da niente, arrivando a provare una sensazione di abbandono che riusciva a placare il suo cuore come avviene quando un neonato, che piange disperato, viene consolato tra calde braccia. Lo si accoglie con fermezza che restituisca sicurezza, poi sempre più dolcemente lo si avvolge, lasciandolo calmare, restituendo sussurri tranquillizzanti, cullandolo dolcemente, finchè sfinito egli non si addormenta.

In questa posizione ed in questo stato Paula fu colta dal fenomeno EVNI.