Per me è sempre difficile dare una definizione esaustiva della categoria espressiva nella quale mi identifico.
Alcune persone mi definiscono un designer perché disegno mobili e complementi d’arredo e le mie creazioni frequentano i luoghi più canonici dedicati al design. Tuttavia, non ho una specifica formazione in merito, se non quella che deriva dalla pratica quotidiana del pernsare, creare e costruire degli oggetti.
Altri nel descrivermi prendono in considerazione le mie capacità manuali, individuano un’ispirazione artigianale, quasi rinascimentale, nei manufatti che costruisco con le mie mani in laboratorio. Ma anche questo orientamento mi sta stretto perchè sento limitare le mie urgenze espressive, il bagaglio di immaginazione, la sensibilità a volte eccessiva e maniacale, la capacità di esprimermi in più direzioni, cercando fuori dagli schemi che la ristretta definizione artigianale consentirebbe.
Forse la definizione più usata è quella di artista. L’urgenza espressiva, il bisogno di fare, di creare, di vivere pochi istanti di sospensione in cui tutto si ferma e ci si sente finalmente vivi e saturi del senso delle cose, mi spinge ad una ricerca del bello, di un’emozione, di un senso al mio agire. Ed in questo si! riconosco un agire artistico e confesso che questa categoria mi piace, lascia spazi e possibilità infinite. Ma certo essa non è assolutamente esaustiva nel descrivere il mio lavoro.
Bene ed allora What do I really do? … cerco di fare una sintesi personale di queste tre categorie del fare e dell’essere. Mi piace credere che nelle mie opere risulti la sintesi fra arte e design; esse sono a volte più orientate in un senso piuttosto che in un altro, ma in definitiva sono sempre influenzate dal mio percorso umano e dalle competenze manuali acquisite.